Qui Milano – Noa e Grossman, Words and Melodies
David Grossman e Noa: i due protagonisti al Teatro Nuovo di Milano, in Piazza san Babila, il 15 giugno per la rassegna economico-culturale di Unexpected Israel. Una serata che ha richiamato numerosi curiosi e appassionati dei due autorevoli esponenti della società israeliana e che ha saputo esser un’occasione inedita di incontro tra formule creative che, da diverse angolature, esprimono le radici di una storia comune. Un faccia a faccia in cui si sono alternate letture di David Grossman e storie cantate da Noa. Per la prima volta la musica e la scrittura di questi due artisti si intrecciano per raccontare il volto di un Paese che favorisce il dialogo e lo scambio tra culture diverse.
A seguito dei saluti del nuovo assessore alla cultura Boeri e dell’ambasciatore israeliano Gideon Meir, che hanno sottolineato l’importanza di poter iniziare una lunga amicizia tra Israele e Milano basata sulla cultura, il celebre scrittore e la cantante si intervistano a vicenda. Noa domanda a David quando nacque la sua passione per la terra italica, lo scrittore racconta di quando negli anni ’80, si trovava in un piccolo paesino del meridione, e passeggiando, passò casualmente davanti a una libreria, vide un suo libro. “Non avrei mai potuto immaginare di emozionarmi tanto, e soprattutto di realizzare che, per quanto appartenessi a una generazione che è cresciuta con quell’opinione comune sfavorevole ad Israele, le mie parole erano ascoltate, viaggiando oltre il mare, giungendo in quel piccolo paese, dove qualcuno si sarebbe ricordato dei miei messaggi” ci spiega.
Tra le soavi note di “Beautiful that way”, Noa coinvolge il pubblico con l’emozionante canto, ricordando l’importanza di dimenticare le sofferenze, perché la vita è bella. La cantante di origine israeliana, proveniente da una famiglia yemenita con alle spalle quindici anni trascorsi negli Stati Uniti, spiega di come lei si senta una cittadina del mondo: “Quando scrivo una canzone, la scrivo per il popolo del mondo, per il tempo di una melodia riusciamo a comprenderci, ad amarci” ci racconta. Curiosamente Noa confessa a David la prima volta che lesse un suo libro. Era giovanissima, ed era il primo che leggeva in ebraico, stava cercando un modo per legarsi al suo paese di nascita, e lo trovò nella lingua, e soprattutto, nella lettura dei libri di David. Si commosse, e come molti altri lettori si lasciò trasportare tra le parole di “Ci sono bambini a zig-zag”.
Grossman le spiega che la musica è come la scrittura, un’arte che attraverso il suo eco riesce a giungere all’anima, che sa farsi ascoltare, ricordandole di aver sempre ammirato tanto quella sua toccante voce in grado di unire la gente. Perché l’importanza nel mondo, spiega lo scrittore, è quello di riuscire a fare ascoltare la propria voce, con ogni mezzo. Il suo sono le parole. La prima volta che scrisse un libro lo fece perché provò l’irrefrenabile bisogno di esprimere l’emozioni che gli bruciavano dentro, come un grido che chiedeva di essere emesso. Scrisse per se stesso, scrisse per capirsi, per osare dire ciò che avrebbe negato nella realtà. Erano parole dure, sentenze, come se la voce di un personaggio fosse quella della coscienza. Ricorda quando pochi mesi dopo la morte di suo figlio si trovava in un paese sardo, e passeggiando entrò in una chiesetta. Un uomo lo riconobbe. Non sapeva chi fosse, era uno sconosciuto, eppure, egli gli si avvicinò, dicendoli che ogni settimana accendeva un lume in ricordo di suo figlio Uri. David rimase molto colpito e toccato da quel signore, non avrebbe mai immaginato di trovare così lontano da casa una compassione così sincera per la sua perdita. Era riuscito a farsi capire, un uomo aveva ascoltato le sue parole.
L’arte e la cultura sono la via per l’unità, i due artisti, raccontandosi a vicenda, hanno spiegato quanto sia importante riuscire a richiamare e ad unire i popoli nel segno della pace e della conoscenza. Senza dubbio la serata “Words and Melodies” è riuscita ad inviare un messaggio di pace importante e superiore a qualunque contrasto, come canta Noa “ Sorridi, senza una ragione, Ama, come se fossi un bambino, sorridi, non importa cosa dicono, Non ascoltare una parola di quello che dicono perché la vita è bella così”.
(Francesca Olga Hasbani)
MILANO
Quando di parla di israeliane toste, il primo nome che si fa da noi è sempre quello di Noa. Di origine ebrea yemenita, se ne andò dal suo paese a soli due anni, dopo che la proclamazione dello stato d'Israele aveva causato non pochi problemi alla sua famiglia. Suo padre, docente universitario, trovò lavoro e riparo a New York, e a 17 anni la ragazza poi divenuta cantante famosa, decise di vivere in Israele, dove ancora risiede, in un kibbuz, con il marito medico e tre figli. Ora Noa sta per partire per l'Italia, il 15 sarà protagonista con David Grossman di una serata curiosa e stimolante, al teatro Nuovo, all'interno di «Unexpected Israel», la serie di iniziative in partenza da domani in Piazza Duomo che ha sollevato polemiche e minacce da parte di gruppi radicali filopalestinesi. Un minimo di pace sembra tornata, dopo che il neosindaco Pisapia ha promesso uguale spazio a una manifestazione sulla Palestina, ma chissà. Noa è alla vigilia della partenza per il nostro Paese, che conosce benissimo (ha pure inciso un album di canzoni napoletane); al telefono dal suo kibbuz, si rivela assai consapevole di ogni risvolto di ciò che sta accadendo a Milano, e parla con accenti accorati la lingua, sempre più frequentata, degli israeliani che non ci stanno al rapporto a muso duro, e che chiedono una via diversa da quella del loro Governo, nella convivenza con i palestinesi.
C'è stato molto marasma, cara Noa, su «Israele Inatteso». Finché Pisapia ha rilanciato con uguale progetto sulla Palestina.
«Ho sentito parlare del nuovo sindaco di Milano Pisapia, mi hanno detto che è bravo, la manifestazione si deve tenere. Ho capito che ha proposto un evento sulla Palestina, e mi sembra la soluzione perfetta, che riflette la cosa giusta da fare ogni volta che ci sono contese, delle quali noi siamo grandi esperti».
Già, grandi esperti...
«Il punto secondo molti di noi è: recognize, apologize, share. Riconoscere cioè tutte le cose terribili che abbiamo fatto, e chiedere per queste scusa. Poi condividere la conoscenza e la terra. Per me, raggiungere quel fine è abbastanza semplice. Intanto, riconosciamo l'attenzione che ora riceviamo da Milano».
Che cosa farete, lei e David Grossman?
«Non saremo in piazza Duomo ma in teatro. Una specie di talk-show, ma con una nuova formula: ci intervisteremo a vicenda, lui leggerà le sue cose, io canterò le mie canzoni. Approfondiremo il rispetto che abbiamo l'uno per l'altro, le nostre idee in comune su vita, arte, politica. Speriamo che venga gente».
Ci sono sempre momenti di grande tensione, quando si parla di Israele. Dovunque.
«C'è anche il fatto che spesso i giornalisti non dipingono la situazione com'è. Amano il sangue, e mi spiace tanto. Quel che si dipinge non riflette ciò che succede qui. C'è una Grande differenza fra criticare il governo di Israele, e criticare Israele. Molta gente qui la pensa diversamente, e quando ha votato pensava che i comportamenti sarebbero stati diversi. Sarebbe importante fare un lavoro senza esser scoraggiati: ci sono molti programmi per la povera gente e per i Palestinesi, da noi, e non può immaginare quanti israeliani ci siano impegnati ogni giorno. Se si sapesse, cambierebbe l'opinione pubblica. Se sono in Israele e non so niente nè sui pacifisti né sui palestinesi, io voto pure la destra: per questo bisognerebbe sempre dare informazioni accurate».
E le organizzazioni palestinesi?
«Fanno cose che non aiutano la loro causa. Se i Palestinesi arrivassero a contestare me e Grossman, parlerebbero contro la loro causa: perché noi difendiamo la loro causa. Se tu metti tutti gli israeliani nello stesso piano, fai qualcosa di molto distruttivo. Invece bisogna incoraggiare certe iniziative.
Su Facebook c'è un gruppo organizzato che conta 50 mila giovani israeliani e 30 mila giovani palestinesi: così dovrebbero essere le cose. Questo aiuta a dimostrare per la pace, per il futuro. Il modo giusto non è delegittimare Israele, sennò mi porti dall'altra parte della causa».
Secondo lei ci sarà mai uno stato palestinese?
«Sì, certo. La questione è in che modo: pace, dialogo, aiuto, o violenza e guerra? Ecco perché molta gente preme il governo per il dialogo, e dovrebbe essere la stessa cosa per i palestinesi. Abbiamo estremisti da entrambi le parti, ma non scordiamo che sono minoranze e non possiamo farci comandare da loro».
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